venerdì 11 novembre 2011

Partire dalle parole.......non dette, Il rapporto medico-paziente in odontoiatria

Intervista sul bollettino dell'ordine dei medici n.3/2011 di Tiziana Azzani

Dopo la laurea in odontoiatria VeronicaVismara, si specializzain Omotossicologia e discipline integrate, frequenta numerosi corsi in Kinesiologia Applicata, si diploma Trainer e Counselor in Programmazione
Neuro Linguistica (PNL),e ottiene il Master Advanced in Ipnosi Eriksoniana.
È coautrice con Lorenzo Pierobon del libro “Suoni dell’anima, l’essenza nascosta della voce” (ed. Minerva), è cantante jazz (ha inciso tre CD), pratica il canto armonico e scrive liriche. Un profilo con tante sfaccettature che ruotano tutte, come in un caleidoscopio dalle mille forme colorate, attorno al paziente, alla necessità profonda di metterlo al centro della suo stato di salute e di una relazione profonda e autentica che richiede nuove competenze al medico; non solo tecnica, ma anche comunicazione.

In che modo la comunicazione è un requisito importante per l’odontoiatra moderno?

La comunicazione, non solo verbale, ma anche paraverbale, cioè attraverso l’uso della voce, e non verbale, tramite il corpo, è il primo passo per una relazione efficace tra medico e paziente, relazione che in ambito odontoiatrico può durare anche molto a lungo. È un privilegio che abbiamo noi odontoiatri rispetto ad altri colleghi medici con altre specializzazioni. Non di rado ci capita infatti di incontrare un paziente quando
è bambino; se siamo capaci di costruire un legame autentico, allora è probabile che lo seguiremo per tutta la vita e con lui anche la famiglia che lo circonda.
Per poter comunicare è necessario prima di tutto saper ascoltare. È fondamentale imparare a comprendere
il linguaggio del corpo, la gestualità, le sfumature della voce, per capire veramente quello che le persone ci
stanno chiedendo. Le persone spesso non avanzano richieste verbali esplicite, a volte non hanno le idee chiare e quindi sta a noi, aiutarle a definire i loro obiettivi. Solo se individuiamo questi aspetti, riusciamo a rispondere ai loro reali bisogni.
Pensiamo ad esempio a una prima visita. Io mi occupo soprattutto di gnatologia e spesso i pazienti giungono
nel mio studio già informati, dopo aver consultato altri colleghi. A differenza di quanto possa sembrare, non è
assolutamente il prezzo che guida la loro scelta ma la fiducia che sentono di poter riporre nel medico che si
trovano di fronte. E soprattutto al primo incontro non è solo la mia competenza quella che emerge, ma la possibilità di sentirsi accolti, capiti e soprattutto di potersi fidare. Solitamente il paziente intuisce e successivamente apprezza la mia capacità di ascolto, la mia chiarezza e la mia autenticità. Le persone
capiscono istintivamente se crediamo in quello che stiamo dicendo. È allora fondamentale imparare a essere
congruenti: congruenza tra quello che si dice verbalmente e quello che si comunica con il corpo, con i gesti, con la voce. Nei livelli più alti della gerarchia dei miei valori ci sono l’autenticità, l’equità e la congruenza e proprio per questo è difficile che un paziente non segua un mio consiglio, perché sa che quello che gli sto proponendo è la cosa migliore per lui.

Dove ha imparato e affinato le tecniche di ascolto e di comunicazione?

Lo studio dei processi comunicativi secondo il modello PNL (Programmazione Neuro Linguistica) mi ha insegnato a leggere i messaggi non consapevoli inviati della persona, verbali e non verbali e ad avere i sensi
molto vigili e recettivi per riuscire a capirla e nello stesso tempo rimandarle un messaggio coerente e in linea
con il suo modello comunicativo. Mi ha aiutato in pratica a leggere l’esperienza interna dei miei pazienti
attraverso i processi di cambiamento comportamentali. Ogni comportamento è comunicazione, anche il silenzio è comunicazione. Un soggetto che sta zitto mi comunica infatti la sua decisione di non parlare. Ogni comportamento inteso come linguaggio, movimenti oculari, variazioni della respirazione, della voce,  cambiamenti del colore della pelle- è la risultante di una serie di processi neurologici interni e pertanto
fornisce informazioni sui processi stessi. L’arrossamento del viso di un soggetto in conseguenza di un avvenimento ci indica la reazione del soggetto in relazione a quel tipo di situazione.
L’insorgenza di una fobia, ad esempio l’odontofobia, può esprimere un trauma avvenuto in un particolare contesto e la reazione fobica non è altro che il tentativo da parte dell’individuo di non ritrovarsi nella stessa situazione.

Nella comunicazione oltre al corpo anche la voce ha un ruolo fondamentale.

La voce non comunica solo concetti, ma con i suoi diversi toni e sfumature esprime le emozioni. È da tempo che studio l’uso e il ruolo della voce nei diversi contesti; la mia passione per il canto (dopo l’odontoiatria, il canto è la mia seconda passione) mi ha portato a coltivare un uso della voce anche dal punto di vista artistico e a toccare con mano l’importanza dell’intenzione che una persona mette nelle parole che dice sia quando vuole comunicare una prestazione clinica sia durante una performance artistica. La voce, attraverso tutti i parametri che possono variare, è una leva importante che uso nella comunicazione con i miei pazienti,
anche con i più piccoli.

Quale comunicazione con i più piccoli?

Con i bambini cerco una relazione intima, lasciando “fuori” i genitori. Con i genitori parlo a parte, ma quando
il piccolo è in poltrona io sono lì solo per lui, per sostenerlo, per accoglierlo.Non è difficile diventare complici, basta parlare il suo linguaggio. Per ottenere la sua fiducia bisogna sostenerlo e fargli capire che gli crediamo. In PNL si parla di “ricalco” del mondo del paziente. Se mi dice che sente male, inutile sminuire la cosa dicendo che non è possibile, magari deridendolo, perché così significa prenderlo in giro e allontanare la sua fiducia. Bisogna piuttosto accogliere quello che comunica e rispondere con dolcezza: “So che stai sentendo fastidio o dolore, hai ragione, ma tra un istante non sentirai più nulla e potremo lavorare tranquilli”. È
molto utile con i bambini utilizzare un linguaggio vago e ipnotico, mostrandosi curiosi sui loro film o cartoni preferiti ed evocando immagini in modo da spostare la loro attenzione. Hanno un inconscio molto produttivo e ricco e, se invitati, fantasticano volentieri.

L’uso della voce cantata o parlata ha anche un ruolo terapeutico. In che modo?

L’uso della voce rientra in un percorso di rieducazione funzionale del cavo orale (RFCO) per la cura delle persone che presentano abitudini viziate -morsicatura del labbro o di oggetti, onicofagia, tic nervosi, serramento e bruxismo- spesso associate ad alterazioni dell’occlusione, deglutizione atipica e respirazione orale a loro volta correlate, secondo Laura Bertelè, e secondo uno studio condotto con lei e Antonio Busato su 120 pazienti, alla presenza di scoliosi. In questi soggetti, la terapia ortodontica, anche se apparentemente può sembrare la soluzione più appropriata, è in realtà spesso da evitare almeno fino al completamento della fase evolutiva di crescita. Ovviamente non si può essere categorici con decisioni simili, ma il soggetto, qualora l’ortodonzia sia inevitabile, va seguito e monitorato di volta in volta con molta attenzione. È sempre auspicabile invece identificare un intervento finalizzato innanzitutto all’elaborazione di strategie e
comportamenti che permettano l’eliminazione delle abitudini viziate, e in secondo luogo dedicato ad
esercizi specifici per ripristinare le corrette funzioni, tra cui respirazione, deglutizione e fonazione.
Questo ovviamente vale anche per i pazienti non portatori di scoliosi, ed equivale metaforicamente a togliere
il piede dal freno prima di schiacciare l’acceleratore!
 Tornando alla voce, essa si sviluppa parallelamente alla verticalizzazione del bambino e una buona emissione vocale accompagnata da un atto fonatorio corretto aiuta a rilassare i muscoli periorali, oltre che
aggiungere una componente ludica dell’uso dello strumento primordiale che ognuno di noi ha sempre a
disposizione.